“Noi, Chiara” - Il mio ricordo del corso su Santa Chiara
In un mondo in cui la
comunicazione è tutto, ho visto una donna fare la rivoluzione col silenzio. Scegliendo, cioè, la clausura. Non perché avesse intenti
rivoluzionari, no. Quelli ce li vedo io, che amo la parola “rivoluzione”, forse
perché mi suggerisce l’idea, salvifica, del cambiamento. Questa donna, Elisabetta, ha
semplicemente scelto la sua strada. Un po’ come uno sceglie di
diventare medico, giornalista, parrucchiera, ballerina, astronauta. Elisabetta
ha scelto di diventare monaca. Monaca di clausura, per di più. “Una vocazione
nella vocazione”, come ci ha suggerito fra’ Pasqualino. Esattamente come ha fatto Santa
Chiara.
Una foto scattata durante la visita alla Basilica di S. Chiara |
Quando disfo la valigia, dopo il
corso su Chiara d’Assisi, alla Domus Pacis, questa storia è il primo “pezzo”
che viene fuori e mi chiede giusta collocazione nella mia vita. Sarà che
abbiamo la stessa età, sarà che io quel sorriso lì lo invidio un po’, sarà che
ascoltare una clarissa che parla di Chiara è stato il modo più intenso per
vivificarla, la pianticella di Francesco, ma la storia di Elisabetta è stato il
primo dono riportato a casa da questa esperienza. 40 anni, una quasi-laurea in
fisica per cercare (invano) risposte alle sue domande più profonde, una laurea
in scienze della formazione, una vita vissuta pienamente e senza disagi. Ma sempre troppo vuota, sempre
troppo piccola, sempre troppo inferma ed estranea. Fino a che Elisabetta a 29 anni
non ha preso in mano il coraggio, si è messa sul serio in ascolto del Signore e
gli ha detto “cos’è che vuoi dirmi?” E
la risposta, casuale solo per un occhio poco attento e per una mente poco
allenata, sono state le clarisse di San Quirico ad Assisi.
Qui abbiamo appreso dalle sue
parole – che una alla volta hanno “limato” la grata che ci separava da lei ed
hanno liberato la sua gioia di vivere, che ha benedetto anche noi – cosa vuol
dire vivere nella sequela di Chiara, che viveva nella sequela di Cristo. Abbiamo, credo tutti, toccato con
mano l’attualità della scelta clariana, che tanto profondamente ci era stata
raccontata da Pasqualino, Anita, Claudio, Carmine. Nessuno di noi è andato via
così com’era entrato: accaldato e distratto. Tutti, si percepiva, eravamo
stati “rinfrescati” dalla commozione profonda per la vicenda di questa bella
figlia di Dio e del nostro tempo, e toccati intimamente dalla sua semplicità,
al punto da sentirci noi quelli dietro a una grata, stretti nell’angusta
clausura delle nostre sovrastrutture mentali e spaziotemporali.
Ecco, io i miei tre giorni di
corso li condenso così, in quel pomeriggio che da solo racconta tutto un
percorso fatto di narrazioni, visioni e scoperte. Un corso che è stato
occasione per nuove conoscenze, delle vite di Chiara e a Francesco, certo, ma
anche di tante vite apparentemente scollegate tra loro, che poi si incontrano
qui “alla Domus” e danno vita a quel mosaico di impagabile bellezza che è il
Disegno divino.
Di quei tre giorni porto con me
la benedizione di Santa Chiara, le sue lettere ad Agnese e un nuovo passo
dentro la mia conversione, ma quello che ancora sto gustando è proprio la
possibilità di fuggire dalla mia clausura mondana attraverso la mano tesa di
una donna che mi ha spiegato che per vivere davvero (che oggi equivale a “fare
la rivoluzione”) bisogna “solo” avere il coraggio di dire il proprio “sì”,
scegliendo la propria strada.
Floriana