Dal 10 Maggio al 7 Giugno si è tenuto alla Domus Pacis, il Capitolo Generale dei Frati Minori che ha visto oltre 150 Ministri provinciali da tutto il mondo riunirsi con il Ministro generale ed il Definitorio. In tanti ci hanno chiesto informazioni non solo sulla riconferma di fr Michael A. Perry come Ministro generale e 120° successore di San Francesco, ma anche sul concetto stesso di "capitolo" e sull'importanza di questo evento per tutto l'Ordine dei Frati Minori.
Per chi desiderasse approfondire sulle tematiche che sono state affrontate durante questi 29 giorni segnaliamo il sito ufficiale del Capitolo: http://capitulumgenerale2015.ofm.org. Prendendo spunto da uno degli articoli pubblicati all'interno del sito ci permettiamo un breve approfindimento su cosa significa "celebrare un capitolo".
Dal
latino capitulum, diminutivo di caput (capo), oltre al significato di
"parte di un libro o di uno scritto", o figurato come "periodo di tempo"
(es: un capitolo della mia vita..), con il termine "capitolo" si intende un
gruppo o un'adunanza di religiosi o di
membri di ordini cavallereschi. Etimologicamente deriva dal costume
degli antichi monaci benedettini che dall'8° secolo, dopo l’ora di
Prima della mattinata e prima che
si avviassero al lavoro giornaliero, avevano l'abitudine di radunarsi per leggere
insieme qualche capitolo della regola; così sia il luogo dove si
svolgeva la lettura, sia la stessa congregazione di monaci, si
appellarono con la stessa denominazione di "capitolo". Nei monasteri c’erano due tipi di capitolo. Uno serviva per la
consultazione: l’abate o la badessa chiedeva il consiglio della comunità riguardo ad un argomento. L’altro tipo serviva per la
formazione: l’abate o la badessa faceva un commento sul significato
del brano della Regola appena letto. Da questo e dal
fatto che in queste sale capitolari solo ai monaci e non a eventuali
osservatori fosse consentito intervenire, deriva anche il senso
dell'espressione "avere voce in capitolo" cioè essere autorevole,
concorrere alle più importanti decisioni.
Il “Capitolo generale” fu stabilito dai monaci Cistercensi nel 1195.
Tutti gli abati cistercensi si radunavano una volta all’anno
nell’abbazia di Cîteaux in Francia. Nel 1215 il Concilio Laterano IV (nel
canone 18) stabilì che tutti gli Ordini religiosi celebrassero “capitoli” a scadenza regolare (annuale, triennale, ecc.) seguendo
l’esempio dei Cistercensi, come mezzo per promuovere la riforma della
vita religiosa.
Così la parola “capitulum” nei tempi di san Francesco aveva già
acquistato un significato e godeva di una lunga e variata tradizione.
Dal 1209 fino al 1217, circa, si celebrava un “Capitolo generale” due
volte l’anno: nella festa di Pentecoste (maggio-giugno); e nella festa
di san Michele (29 settembre). In un periodo successivo (1218-1223) i
Ministri d’Italia e regioni confinanti celebravano ogni anno un capitolo
a Pentecoste, e si celebravano anche “capitoli provinciali” ogni anno
nella festa di san Michele. Ogni tre anni i Ministri delle Province
“oltre le Alpi” assistevano al “capitolo generale” alla Porziuncola. La solita pratica oggi stabilisce un Capitolo nella Provincia o
Custodia ogni tre anni, e un Capitolo generale ogni sei anni.
Il Capitolo alla Porziuncola |
Celebre fu, nel 1221,
l’anno della Regola non Bollata, il capitolo cosiddetto delle "stuoie", quando S.Francesco radunò alla Porziuncola circa “cinquemila frati” da tutte le parti d'Europa che avevano come riparo soltanto dei tessuti di
giunchi, o stuoie. Di questo capitolo, i Fioretti di San Francesco (cap.
XVIII) danno un quadro grandioso e memorabile. Qui un breve estratto:
[..]E veggendo sedere in quella pianura intorno a Santa Maria i
frati a schiera a schiera, qui quaranta, ove cento, dove ottanta insieme,
tutti occupati nel ragionare di Dio, in orazioni, in lagrime, in esercizi di carità, e stavano con
tanto silenzio e con tanta modestia, che ivi non si sentia uno romore, nessuno stropiccìo e
maravigliandosi di tanta moltitudine in uno così ordinata, con lagrime e con grande devozione diceva:
“Veramente questo si è il campo e lo esercito de' cavalieri di Dio!”. Non si udiva in tanta moltitudine
niuno parlare favole o bugie, ma dovunque si raunava ischiera di frati, quelli oravano, o egli no
diceano ufficio, o piagneano i peccati loro o dei loro benefattori, o l'ragionavano della salute delle anime.
Erano in quel campo tetti di graticci e di stuoie, e distinti per torme, secondo i frati di diverse
Provincie; e però si chiamava quel Capitolo, il Capitolo di graticci ovvero di stuoie. I letti loro si era la
piana terra e chi avea un poco di paglia; i
capezzali si erano o pietre o legni [..]